Un riparo in tempo di tempesta
Poco dopo che Dwight Moody (1837-1899)
giunse alla fede in Cristo, l'evangelista decise di non far passare un giorno
senza condividere la buona notizia di Gesù con almeno una persona. Nei giorni
impegnativi, a volte dimenticava la sua promessa fatta fino a sera tardi. Una
notte, era a letto e si ricordò della promessa fatta al Signore. Mentre usciva
pensò: nessuno uscirà sotto questa pioggia battente. Proprio in quel momento
vide un uomo che camminava per strada. Moody si precipitò e chiese di ripararsi
sotto il suo ombrello per evitare di bagnarsi.
Quando gli fu concesso il
permesso, chiese: "Avete qualche riparo in tempo di tempesta? Posso parlarvi
di Gesù?"
Quest’uomo incarnava davvero quel senso di urgenza
mischiato ad una intuizione spirituale quando si trovava qualcuno davanti che non
aveva un rapporto personale con Gesù. Certo potremo argomentare che non tutti
abbiamo un dono spiccato di essere degli evangelisti, ma certamente siamo tutti
chiamati ad essere dei testimoni per Gesù. Quando il Signore ci sprona ad
essere suoi testimoni, Egli ci fornisce anche l’equipaggiamento adatto.
Per
prima cosa ci fornisce la spada dello Spirito cioè la Parola di Dio di cui
l’apostolo Paolo ci parla in Efesini 6:17. Poi ci dice di fortificarci nel
Signore e nella forza della sua potenza (Efesini 6:10). Questa stessa potenza è
descritta nel libro che per eccellenza parla di più di come portare il vangelo
al nostro prossimo, il libro degli Atti. Proprio al capitolo 1 ver 8, l’autore
Luca ci tiene a ricordarci che la chiamata ad essere testimoni di Gesù si
compie con la potenza donata dallo Spirito Santo che vive in noi. Cosa vuol
dire tutto questo nella nostra quotidianità? Cioè se vado a scuola, a lavoro
oppure quando esco con gli amici? Paolo scrivendo al giovane Timoteo lo esorta
a non avere uno spirito timido (2 Timoteo 1:7), ma di forza di amore e di
autocontrollo. Come tutti noi Timoteo era un giovane discepolo fallibile, con
le sue fragilità ma comunque desiderava fare la volontà di Dio. Paolo lo esorta
a rivestirsi di quella forza proveniente da Dio capace di fargli vincere i
propri timori interiori nel relazionarsi con gli altri. Questo può succedere
quando andiamo a scuola o a lavoro, per strada e cerchiamo la forza nel Signore
per condividere con i nostri conoscenti (anche se tramite una voce dietro ad
una mascherina) la nostra speranza cristiana.
L’essere un testimone di Gesù
è semplicemente avere quel coraggio di cogliere l’attimo giusto e di dire in
che modo il Signore sta cambiando la nostra vita. Proprio come Moody quella
sera che si avvicinò a quell’uomo con l’ombrello. Le persone intorno a noi sono
soggette alle nostre stesse tempeste che inaspettatamente invadono la loro vita.
La differenza sta nel fatto che Gesù è davvero nella nostra barca e anche se
sembra che dorma, Egli è in controllo delle circostanze più avverse. Il nostro
vicino di casa, il collega di lavoro che non ha quel riparo in tempo di
tempesta, cioè della propria fiducia in Gesù potrebbe trovarsi in momenti di
sconforto e smarrimento. In quei momenti, se ci lasciamo guidare dallo
Spirito Santo (Giovanni 16:13) in tutta la verità, potremo essere degli
strumenti validi nelle mani di Dio per portare pace e consolazione a dei cuori
affranti. Tutto questo non richiede chissà che preparazione teologica, anche se
per le domande spinose bisogna documentarsi abbastanza, ma da testimoni potremo
semplicemente seguire l’esempio di quel cieco guarito da Gesù. Alle domande
teologiche dei Farisei semplicemente affermò di sapere una sola cosa e cioè che
prima non ci vedeva e in quei momenti si! (Giovanni 9:25). Un buon punto di
inizio sarebbe quello che domani prima di uscire, in preghiera chiedi al
Signore di darti un’occasione per avvicinarti a qualcuno (io li chiamo
appuntamenti divini!) e chiedere se ha un riparo in tempo di tempesta!
Saluti,
Patrizio
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